Formazione - Criteri di sviluppo professionale e di carriera (Cap. III)

In considerazione dei numerosi richiami al tema della formazione contenuti nel Protocollo 4 giugno 1997, nell’accordo quadro 28 febbraio 1998 le Parti avevano riconosciuto alla formazione e alla riqualificazione professionale del personale un ruolo strategico per la realizzazione delle necessarie trasformazioni del sistema bancario.

Tale rilevanza doveva tradursi in una adeguata e flessibile strumentazione contrattuale in materia di formazione e di opportunità di crescita e arricchimento professionale per tutto il personale.

Sempre nell’accordo quadro, la tematica veniva posta in relazione con i criteri di sviluppo professionale e di carriera con l’impegno di rendere gli stessi, adattando in tal senso le norme contrattuali relative, coerenti con i seguenti criteri:

-  valorizzazione delle capacità professionali dei lavoratori sulla base di principi di pari opportunità, anche attraverso la formazione e la mobilità professionale;

-  trasparenza e conoscibilità da parte dei lavoratori, anche per le posizioni a più elevato contenuto professionale.

Sulla base di tali principi le Parti avevano convenuto, in particolare, di adottare nuovi strumenti finalizzati al mutamento e al rinnovamento delle professionalità, anche utilizzando a questo scopo i Fondi europei, nazionali e regionali; prevedere un generale ampliamento delle attività orientate alla formazione continua e alla riqualificazione professionale; stabilire l’entità della formazione da svolgere all’interno e fuori dell’orario di lavoro.

Conseguentemente, il Cap. III del ccnl 11 luglio 1999 dedica alle materie in oggetto ampio spazio con previsioni largamente innovative rispetto alle precedenti disposizioni contrattuali.

Formazione

Si è, anzitutto, convenuto sui principi ispiratori della formazione continua, puntualizzando subito che conserva una disciplina autonoma e distinta la c.d. formazione d’ingresso che rimane disciplinata dalle apposite previsioni di legge: ci si è voluti riferire, ad esempio, alla formazione da somministrare nei casi di contratti di formazione e lavoro, nonché all’apprendistato (allorché quest’ultimo sarà effettivamente utilizzabile nel settore creditizio (v. Cap. V, punto 1, del nuovo ccnl).

Resta, altresì, distinta la disciplina dell’addestramento dei lavoratori neo assunti rispetto ai quali, nelle more del coordinamento del testo contrattuale, continua a trovare applicazione l’art. 142 del ccnl 19 dicembre 1994 (corrispondente norma per ACRI).

Ciò premesso si è convenuto, nel punto 1 del capitolo in esame, sugli obiettivi e le caratteristiche della formazione continua. In proposito si desidera unicamente evidenziare il richiamo esplicito al “carattere selettivo” della stessa, quale “elemento costitutivo della competenza professionale”. Tale affermazione va posta in necessaria correlazione con l’insieme delle previsioni che attengono allo sviluppo professionale, in quanto, come si vedrà in prosieguo, la formazione viene a costituire uno dei fattori che contribuiscono appunto allo sviluppo professionale del personale e, dunque, alla valutazione dello stesso anche ai fini della eventuale progressione di carriera.

Quanto sopra modifica la tradizionale nozione di “volontarietà” della partecipazione ai corsi che, come tale, è stata testualmente riprodotta nella norma solo con riguardo agli “ulteriori corsi indetti e organizzati dalle aziende per addestramenti professionali”, in aggiunta alla quantità di formazione che l’azienda stessa deve porre obbligatoriamente a disposizione del personale. Si sottolinea in proposito che la partecipazione ai programmi di formazione concorre alla valutazione ai fini dello sviluppo professionale e di carriera.

In questo contesto, il quantitativo annuale di formazione da “offrire” obbligatoriamente al personale è stato elevato a 50 ore, a partire dall’anno 2000.

E’ il caso di sottolineare che detta norma si applica a tutti i dipendenti,  ivi compresi gli attuali funzionari per i quali il contratto precedente non prevedeva alcuna quantificazione: si veda l’art. 98, 4° comma, del ccnl 22 giugno 1995 (e corrispondente norma per ACRI), da ritenere, pertanto, assorbito nella nuova disciplina. L’applicazione della previsione prescinde dall’effettivo passaggio ai quadri direttivi (v. supra).

Il suddetto quantitativo è stato suddiviso in due tranches:

a) un pacchetto formativo non inferiore a 24 ore annuali da svolgere durante il normale orario di lavoro;

b) un ulteriore pacchetto di 26 ore annuali, a sua volta distinto in 8 ore retribuite, da svolgere in orario di lavoro, e 18 ore non retribuite da effettuare fuori del normale orario di lavoro; è possibile utilizzare anche strumenti di autoformazione con l’ausilio di adeguata strumentazione anche informatica.

E’ importante evidenziare che il quantitativo di formazione previsto sub b) deve essere offerto al lavoratore “per quote inscindibili di ore retribuite e non retribuite”: questo vale a dire, in pratica, che ad ogni ora di formazione aggiuntiva rispetto a quelle sub a) devono corrispondere 2,15 ore di formazione non retribuita.

E’ stata accolta la richiesta del Sindacati di tener conto aziendalmente delle eventuali particolari situazioni personali e/o familiari rappresentate dai lavoratori, con specifico riguardo al personale femminile, al fine di concordare con gli interessati soluzioni organizzative che consentano la partecipazione ai corsi.

Sulla base di quanto già disposto in materia dall’art. 143 del ccnl 19 dicembre 1994 (e corrispondenti norme per ACRI), la nuova norma ha rivisto le disposizioni attinenti al ruolo degli Organismi sindacali aziendali in materia.

Nell’ambito di un apposito incontro da tenere ogni anno, entro il mese di febbraio, l’azienda e gli organismi predetti effettuano una valutazione congiunta su programmi, criteri, finalità, tempi e modalità dei corsi. In tale occasione può prendersi in considerazione anche l’eventuale accorpamento, in tutto o in parte, dei ricordati quantitativi annuali (l’incontro viene ripetuto nell’anno qualora l’azienda apporti sostanziali modifiche per gli aspetti suindicati). La norma non incide, naturalmente, sulla scelta dei docenti che resta di competenza dell’azienda.

Come in passato, oggetto di contrattazione con le organizzazioni sindacali sono esclusivamente le “modalità di partecipazione” del personale (e non dei soli” impiegati”) ai corsi in parola; tuttavia, in considerazione del rilievo assunto dalla materia, tale negoziato si svolgerà annualmente nell’ambito del predetto incontro e non periodicamente in occasione della contrattazione integrativa.

Il personale ha diritto di conoscere tempi, modalità di effettuazione e programmi dei corsi.

Sono state, poi, confermate le disposizioni di cui all’8° e 9° comma del citato art. 143 relative alla possibile istituzione di corsi interaziendali (ad esempio nell’ambito di un gruppo bancario) ed ai casi di utilizzo dei quantitativi suesposti nelle ipotesi di innovazioni tecnologiche o di rilevanti ristrutturazioni  aziendali.

Si è, infine, riprodotta, come accennato, la previsione relativa ad ulteriori corsi indetti ed organizzati dalle aziende per addestramenti professionali, da svolgere durante l’orario di lavoro e con partecipazione volontaria dei dipendenti interessati.

Di particolare rilievo risultano i rapporti fra formazione in sede aziendale e l’Ente bilaterale di formazione nazionale, Enbicredito, recentemente costituito fra l’ABI e le Organizzazioni sindacali ai sensi dell’accordo quadro 28 febbraio 1998. A tale organismo paritetico, infatti, compete la promozione delle iniziative in materia di cui al Cap. III, punto 1 (v. circolare ABI, Serie Lavoro, n. 2 del 18 gennaio 1999).

Fra gli scopi di tale organismo, l’accordo 11 luglio 1999 richiama appunto quello della promozione di iniziative per ricercare finanziamenti da parte di fonti esterne anche a favore della formazione non retribuita che si svolge al di fuori dell’orario di lavoro, onde renderla, in tutto o in parte, retribuita.

Sviluppo professionale e di carriera

In materia, il contratto nazionale del 1994 per le aree professionali conteneva una disposizione, l’art. 116, che tuttavia non aveva trovato, in effetti, generalizzata applicazione nel settore.

In considerazione di ciò, nonché del nuovo assetto complessivamente assunto dal contratto, l’argomento ha formato oggetto di un serrato confronto in sede di rinnovo contrattuale alla luce, come accennato, degli impegni programmatici assunti con l’accordo quadro.

Con le soluzioni concordate, le Parti stipulanti hanno sostanzialmente preso atto di una realtà ormai ampiamente diffusa nel settore, anche per quel che attiene a metodologie e strumentazioni. Ciò che risulta definito è, soprattutto, il ruolo da riconoscere agli organismi sindacali aziendali che, lungi dal prefigurare forme di “cogestione”, viene piuttosto delimitato nell’ambito di un confronto non negoziale.

In apertura del punto 2 del Cap. III, le Parti hanno preso atto che le capacità professionali dei dipendenti costituiscono un patrimonio fondamentale per i lavoratori stessi e per l’efficienza e la competitività delle imprese bancarie. Da ciò scaturisce l’impegno delle imprese medesime a valorizzare e sviluppare dette capacità.

Sono tre i fattori tramite i quali, in base al contratto, si realizza lo sviluppo professionale:

a) una formazione adeguata;

b) l’esperienza pratica di lavoro;

c) la mobilità su diverse posizioni di lavoro.

 

Lo sviluppo professionale così concepito rappresenta, in concorso con la valutazione che del personale fa l’azienda, uno degli elementi che concorre allo sviluppo di carriera (v. infra).

In questo ambito la norma richiama la facoltà dell’azienda - già considerata a proposito della nuova disciplina dei quadri direttivi - di prevedere, in relazione a propri progetti di gestione strategica delle risorse umane, percorsi professionali che contemplino sequenze programmate di posizioni di lavoro e di iniziative formative per la individuazione di determinate figure professionali che l’azienda stessa ritenga strategiche: in tale eventualità gli organismi sindacali sono destinatari di mera informativa.

Il contratto ha poi distinto i contenuti dello sviluppo professionale nell’ambito, rispettivamente, del personale impiegatizio e di quello appartenente ai quadri direttivi in considerazione del diverso ruolo attributo loro e, conseguentemente, delle diverse esigenze formative e di esperienza “sul campo”.

    Sviluppo professionale nell’area impiegatizia

Lo sviluppo professionale riguardante la terza area professionale (punto 3) deve essere perseguito tramite una iniziale formazione di base, di cui si descrivono le caratteristiche nel contratto, e di una successiva fase più avanzata cui si accompagna una appropriata esperienza di lavoro anche su diverse posizioni (mobilità).

Rispetto ai profili più elevati di tale area (segnatamente gli appartenenti al 4° livello retributivo) è previsto che l’azienda debba dedicare particolare attenzione alla realizzazione di progetti di sviluppo professionale che favoriscano la possibilità di accesso a ruoli di maggior rilievo anche facenti parte della categoria dei quadri direttivi: ciò, beninteso, non configura alcun diritto di progressione in capo ai soggetti interessati in quanto si è voluto escludere, a differenza di quanto prefigurato in piattaforma dai Sindacati, l’introduzione di alcun sistema, più o meno automatico, di avanzamenti, rispetto ai quali resta inalterata la piena discrezionalità aziendale.

    Sviluppo professionale nell’area quadri direttivi

Più articolata risulta la previsione relativa ai quadri direttivi (punto 4) in quanto lo sviluppo professionale rispetto a tale categoria va posto in stretta correlazione con l’apposita procedura sindacale aziendale già descritta, anche ai fini dell’identificazione dei c.d. ruoli chiave cui riferire appositi trattamenti retributivi.

E’ di tutta evidenza come anche le caratteristiche della formazione impartita dall’azienda debbano risultare funzionali ai suesposti obiettivi, privilegiando l’implementazione delle competenze gestionali, di coordinamento e di attuazione integrata dei processi produttivi e/o organizzativi.

Anche in questo campo, comunque, l’azienda conserva la propria autonomia decisionale.

 

Criteri di valutazione professionale

Prendendo atto, come suaccennato, di una realtà assai diffusa nel nostro come in altri comparti, il punto 5 del capitolo in esame puntualizza che lo sviluppo professionale, connesso alla valutazione professionale (di competenza dell’impresa), concorre allo sviluppo di carriera del dipendente.

Pertanto, si è ritenuto opportuno identificare, a titolo esemplificativo, taluni fattori di valutazione professionale, da combinare e da riempire di effettivo contenuto da parte della singola azienda in funzione delle specificità delle diverse figure professionali, dell’organizzazione dell’impresa e dei relativi obiettivi strategici.

Si tratta dei seguenti elementi:

-  competenze professionali;

-  precedenti professionali;

-  padronanza del ruolo;

-  attitudini e potenzialità professionali;

-  prestazioni.

 

E’ opportuno evidenziare come la predetta operazione debba evitare l’individuazione di elementi parametrali tali da prefigurare diritti del lavoratore all’avanzamento (ad esempio attraverso punteggi, graduatorie e simili).

Valutazione del lavoratore

Diretta conseguenza del nuovo impianto contrattuale in tema di sviluppo professionale, risulta la disposizione di cui al punto 6 del capitolo in esame.

Va evidenziato, anzitutto, che le note caratteristiche dovranno essere sostituite da un “giudizio professionale complessivo annuale”. Vengono conseguentemente meno l’art. 113 del ccnl 19 dicembre 1994 e l’art. 60 del ccnl 22 giugno 1995 e corrispondenti norme ACRI. La modifica è stata considerata opportuna anche in considerazione del fatto che molto spesso i giudizi formulati in base alle disposizioni in atto avevano perso un reale valore distintivo e risultavano, di conseguenza, sostanzialmente privi di effetti concreti sul rapporto di lavoro.

Coerentemente con tale innovazione, le Parti hanno stabilito che un eventuale giudizio di sintesi negativo fa perdere all’interessato il diritto all’eventuale quota aziendale del premio di rendimento eccedente lo standard di settore ed al premio aziendale, a prescindere dalla sussistenza di un analogo richiamo nel contratto integrativo aziendale.

Appare evidente che il giudizio complessivo finale deve essere la risultanza di un processo valutativo, per la realizzazione del quale sussistono moderne metodologie, già largamente utilizzate dalle imprese.

Il lavoratore ha diritto di conoscere periodicamente il merito della valutazione che l’azienda esprime e delle linee adottate dall’azienda stessa per rendere trasparenti le opportunità di formazione, i criteri di sviluppo e di valutazione professionale. Naturalmente, nelle varie fasi del processo, l’interessato ha titolo per chiedere  chiarimenti al proprio datore di lavoro.

Verrà adottata una apposita procedura di ricorso avverso il complessivo giudizio annuale formulato dall’azienda.

E’ stato inserito, in calce a tale norma, un chiarimento a verbale finalizzato a far sì che le imprese dedichino particolare attenzione nella fase di trasformazione degli strumenti valutativi idonei ad esprimere il giudizio professionale, onde evitare che dal mutamento dei criteri adottati possano derivare, di per sé, giudizi (di complesso) meno favorevoli rispetto ai precedenti.

Coinvolgimento sindacale

Come suaccennato, un effettivo elemento di novità in materia è rappresentato dalla espressa disciplina relativa al ruolo da riconoscere agli organismi sindacali aziendali in materia di sviluppo professionale (v. punto 7). Ciò, anche al fine di fornire elementi di certezza in un campo estremamente delicato ed escludere, come detto, che i diritti di controparte possano eccedere una funzione di confronto al termine del quale, entro un tempo prestabilito, l’azienda è libera di rendere operativi i propri provvedimenti.

Si tratta, più precisamente, di una procedura che ha come oggetto gli indirizzi, i principi e i criteri che l’azienda intende adottare per lo sviluppo professionale e la valutazione del personale e, quindi, non si estende, ad esempio, alla disamina congiunta delle situazioni individuali, anche ai fini dei provvedimenti di assegnazione, promozione, etc., che restano, ovviamente, di esclusiva pertinenza imprenditoriale.

Rispetto ai contenuti menzionati, la procedura ha una durata massima di 30 giorni ed è finalizzata alla ricerca di soluzioni condivise in ordine ai criteri espressamente indicati dalla norma (la procedura è ridotta a 20 giorni nell’ipotesi di eventuali modificazioni).

L’azienda, al termine della procedura, porta anche a conoscenza dei lavoratori indirizzi, principi e criteri deliberati in materia.

E’, infine, rimessa a intese aziendali l’individuazione di modalità di verifica circa l’applicazione di quanto sopra.

 


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