Banche, restituite gli interessi sugli interessi

Lannutti (Adusbef): i correntisti devono avere l’arma dell’azione legale collettiva

MARCO ESPOSITO Anatocismo. Per i greci era quasi una bestemmia: «ana» vuol dire sopra e «tokismos» usura, per cui l’anatocismo è qualcosa che supera la già odiosa usura. La novità è che le banche che tra il 1942 e il 1999 hanno praticato l’anatocismo - vale a dire il calcolo degli interessi sugli interessi - dovranno ricalcolare gli interessi sul prestito e restituire al cliente, piccolo correntista o imprenditore, la differenza. Maggiorata, si perdoni il bisticcio, degli interessi legali. Della vicenda si parla da dieci anni, ma l’ultima sentenza della Cassazione - la 21095 del 4 novembre 2004 - respinge l’ennesimo controricorso di una banca (nel caso, il Credito italiano, oggi Unicredit), dà ragione in modo definitivo a due piccoli imprenditori di Cagliari e apre la strada ai rimborsi di massa. Una strada però, come si vedrà, ancora irta dei consueti scogli della giustizia italiana. Non a caso l’Abi, l’associazione delle banche italiane, ha diffuso uno stringatissimo comunicato nel quale in sostanza si augura che altre sentenze possano modificare la giurisprudenza. «Le banche - scrive l’Abi - prendono atto della sentenza della Cassazione sulla capitalizzazione degli interessi. Le cause già instaurate continueranno a seguire il loro iter e le banche, naturalmente, ne rispetteranno gli esiti». A cantare vittoria invece è Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef. Ex dipendente del Banco di Roma, Lannutti ha fondato l’Adusbef nel 1987 proprio per mettere a disposizione dei clienti delle banche le sue conoscenza fatte dall’altra parte della barricata. E, tra le tante battaglie, quella dell’anatocismo è la più lunga. «È una grande giornata per i consumatori - dice al Mattino mentre entra alla Rai per rilasciare una serie di interviste ai Tg - adesso però è fondamentale che passi la class-action, la legge per le cause collettive, altrimenti andranno organizzate tante cause individuali». Ecco il punto. Se la giurisprudenza ha ormai con chiarezza definito illegali le pratiche bancarie sugli interessi composti, ciò non si traduce in un automatico diritto al rimborso per i correntisti. Ogni pratica deve seguire il suo iter legale, proprio perché in Italia ancora non è in vigore la class-action, l’azione collettiva, che negli Stati Uniti consente agli studi legali di avviare a proprie spese azioni legali in favore dei consumatori, i quali neppure sanno del ricorso. Se la causa viene persa, lo studio legale non incassa un centesimo, se viene vinta, è il giudice a fissare il giusto corrispettivo per gli avvocati e tutti gli interessati al rimborso, anche senza che abbiano fatto domanda, ricevono appena rintracciati la somma che spetta. Nel caso del calcolo degli interessi sono potenzialmente coinvolti milioni di italiani. L’Adusbef ne stima dieci milioni per 30 miliardi di euro, l’Abi molti di meno; ma in ogni caso sarebbero numeri in grado di intasare qualsiasi sistema giudiziario se si trasformassero in singole azioni legali. All’origine del problema dell’anatocismo c’è una interpretazione del codice civile del 1942. Il quale vieta la pratica del calcolo degli interessi sugli interessi «salvo usi contrari». Tali usi sono stati codificati nel 1952 dall’Associazione bancaria, per cui in un’epoca nella quale era vietato farne. Una legge del 1999 ha sancito l’illegittimità dell’interesse composto, però per evitare una marea di cause ha stabilito che tale divieto vale solo per il futuro. Ma la legge salvabanche è stata più volte dichiarata incostituzionale, aprendo la strada ai ricorsi. E, con la sentenza della Cassazione del 4 novembre scorso, può ben dirsi che giustizia è fatta. Almeno a Cagliari.

 

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Il cliente non aveva alternative

Ecco uno stralcio della sentenza della Cassazione numero 21095, nella quale i magistrati spiegano perché l’anatocismo è illegale anche prima del 1999. «L’evoluzione del quadro normativo impressa dalla giurisprudenza e dalla legislazione degli anni ‘90, in direzione della valorizzazione della buona fede come clausola di protezione del contraente più debole, della tutela specifica del consumatore, della garanzia della trasparenza bancaria, della disciplina dell’usura ha innegabilmente avuto il suo peso nel determinare la ribellione del cliente (che ha dato, a sua volta, occasione al revirement giurisprudenziale) relativamente a prassi negoziali, come quella di capitalizzzione trimestrale degli interessi dovuti alle banche, risolventesi in una non più tollerabile sperequazione di trattamento imposta dal contraente forte in danno della controparte più debole. Ma ciò non vuole dire (e il dirlo sconterebbe un evidente salto logico) che, in precedenza, prassi siffatte fossero percepite come conformi a ius e che, sulla base di una tale convinzione (opinio iuris), venissero accettate dai clienti. Più semplicemente, di fatto, le pattuizioni anatocistiche, come clausole non negoziate e non negoziabili, perché già predisposte dagli istituti di credito, in conformità a direttive delle associazioni di categoria, venivano sottoscritte dalla parte che aveva necessità di usufruire del credito bancario e non aveva. quindi, altra alternativa per accedere ad un sistema connotato dalla regola del prendere o lasciare. Dal che la riconducibilità, ab initio, della prassi di inserimento, nei contratti bancari, delle clausole in questione, ad un uso negoziale e non già normativo (per tal profilo in contrasto dunque con il precetto dell’articolo 1283 Cc), come correttamente ritenuto dalle sentenze del 1999 e successive». (Da Il Mattino – 9 novembre 2004)

 

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Arriva l'inflazione per i poveri: l'Istat cambia marcia (e logo)
L'istituto nazionale auspica l'arrivo di un nuovo indice dei prezzi al consumo per famiglie di pensionati e con bassi redditi. Ma arriva tardi: l'Eurispes presenta infatti il suo paniere alternativo dove sono messi al bando i beni di lusso

Milano. "Occorre dare maggiore visibilità a tutti i soggetti sociali, cercando di costruire indici dei prezzi al consumo per famiglie di pensionati e famiglie con bassi redditi, analizzando gli immigrati e le loro famiglie nella globalità delle loro condizioni di vita e di esclusione sociale". Parola del presidente dell'Istat, Luigi Biggeri, che oggi ha inaugurato la settima Conferenza Nazionale di Statistica. Le polemiche sull'attendibilità dei calcoli con cui l'Istat misura il carovita non finiscono però qui. Prima di lanciare la proposta di un'inflazione per i più poveri, Biggeri aveva polemizzato con la stampa e i media che, "per catturare con più immediatezza l'attenzione del pubblico, tendono a riportare le statistiche ponendo enfasi più sulle cifre 'anomale' o 'eclatanti' che sul senso complessivo dei dati". E proprio per restituire autorevolezza al sistema statistico Biggeri auspica anche "interventi legislativi".
Per imprimere una svolta ancora più incisiva al nuovo corso, la società di statistica rivisita - dopo 12 anni - il suo marchio: abbandona la scritta tutta maiuscola per adottare il maiuscolo-minuscolo e 'apre' il tradizionale cubo rosso che ne ha caratterizzato la vita di questo decennio. Una scelta "che mantiene l'istituzionalità, aprendosi però verso gli utilizzatori in modo più immediato", spiegano gli autori del restyling.
La risposta dell'Istat di un'inflazione per i ceti meno abbienti rischia però di arrivare troppo tardi. L'Eurispes ha annunciato proprio oggi un nuovo paniere per il calcolo del carovita in alternativa a quello ufficiale dell'Istat, identificando una famiglia di riferimento in una coppia relativamente giovane, con due figli. Un paniere in cui vengono messi al bando gli alberghi e le discoteche per lasciare molto più peso alla spesa di tutti i giorni e a quelle per la casa, affitto in testa. In questa famiglia, spiega l'Istituto di Gian Maria Fara, non c'è spazio per l'acquisto di beni di lusso, ma il budget mensile consente raramente anche di andare a cena fuori o a teatro. Gran parte dello stipendio, infatti, se ne va in spese per gli alimentari (il cui peso sul totale è del 27% contro il 16% del paniere ufficiale Istat) e per l'affitto (27% contro il 9% che l'Istituto di statistica riserva al capitolo abitazione). (Da La Repubblica – 9 novembre 2004)

 

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Interessi su interessi, i consumatori aprono all’Abi

Roma. Dopo lo scontro a muso duro, è l’ora della trattativa. Mentre una nuova sentenza rimarca le responsabilità delle banche per l’anatocismo (la riscossione di interessi passivi calcolati non solo sul capitale dovuto ma anche sugli altri interessi maturati), l’Intesa dei consumatori depone le armi e apre al negoziato con l’Abi, proponendo di avviare subito una trattativa per discutere le modalità di rimborso. Codacons, Adoc, Adusbef e Federconsumatori, le organizzazioni che aderiscono all’Intesa, si dicono disponibili a «negoziare le modalità di restituzione anche in comode rate mensili» da 24 a 60 mesi della somma dovuta da parte delle banche: 20-30 miliardi secondo le stime dell’Adusbef. E anche se le quattro associazioni ricordano che la «chiara ed inoppugnabile pronuncia» della Cassazione obbliga le banche a risarcire i correntisti, nelle parole dell’Intesa si legge anche la volontà di evitare il «muro contro muro»: le associazioni si dicono disponibili «ad aprire un tavolo con Abi e banche per negoziare le modalità di restituzione anche in comode rate mensili (24, 48, 60 mesi)», ma allo stesso tempo dichiarano la propria indisponibilità «a discutere il diritto sacrosanto al risarcimento che, in caso contrario, sarà sancito dai Tribunali». Anche il Movimento consumatori invita le banche al «dialogo», per «condividere procedure di conciliazione che consentano in tempi brevi il risarcimento di quanto pagato illegittimamente dai consumatori». Ma, «se dovesse perdurare il silenzio e la mancanza di dialogo da parte delle banche», l’associazione minaccia «diverse azioni giudiziarie collettive chiedendo ai Tribunali della Repubblica di costringere le banche inadempienti a risarcire quanto illegittimamente pagato dai consumatori». Intanto, mentre governo e Bankitalia rimangono in silenzio in attesa di conoscere meglio la vicenda e il presidente dell’Abi risponde con un no comment al pressing dei giornalisti, dopo la sentenza della suprema Corte di Cassazione del 4 novembre arriva un’altra tegola sulle testa delle banche, questa volta dal tribunale di Milano. Chiamato a pronunciarsi su un ricorso contro la Banca Popolare di Milano, che si era rifiutata di restituire ai propri clienti gli interessi indebitamente percepiti, il giudice non solo ha rilevato l’illegittimità del comportamento dell’istituto di credito, ma secondo il Codacons ha anche obbligato la banca a restituire il denaro. Il magistrato della quarta sezione civile, Amina Simonetti - fa sapere l’associazione in un comunicato -, nella sentenza ha sancito che le banche non possono invocare l’infondatezza del diritto al rimborso, e se lo faranno rischieranno una sanzione ulteriore. E mentre le associazioni dei consumatori (dal Codacons allo Snarp, al Movimento di difesa del cittadino) si affrettano a pubblicare sui rispettivi siti internet i moduli per chiedere alle banche il rimborso, l’Adiconsum ha pubblicato un vademecum di otto regole base per decidere quando, e se, presentare la richiesta di rimborso agli istituti di credito avvalendosi della sentenza della Corte di Cassazione, invitando i consumatori a non crearsi «nessuna illusione di facili rimborsi». Una vicenda, quella dell’anatocismo, che solleva nuovamente il problema dell’inesistenza delle azioni collettive nell’ordinamento italiano. (Da Il Mattino – 10 novembre 2004)

 

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Modiano lascia UniCredit per Sanpaolo, sarà nuovo dg, dice fonte

Thu November 11, 2004 8:05 AM GMT 

MILANO (Reuters) - Pietro Modiano, responsabile della divisione corporate di UniCredit, sarà il nuovo direttore generale di Sanpaolo Imi e in prospettiva è destinato a diventare l'Ad delle attività bancarie del gruppo.

Lo dice a Reuters una fonte finanziaria confermando quanto riportano i quotidiani oggi.

"Modiano diventerà direttore generale e sarà poi l'Ad delle attività bancarie del gruppo Sanpaolo al termine della riorganizzazione", dice la fonte.

Da Sanpaolo si limitano a dire che domani è in agenda un cda dell'istituto torinese che affronterà il tema del direttore generale e la trimestrale.

La fonte ha poi spiegato che il progetto di riorganizzazione che Sanpaolo ha allo studio prevede lo scorporo delle attività bancarie e sarà presumibilmente portato all'attenzione del Cda per fine anno.

 

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Sarà Modiano, attuale vicedirettore generale vicario di Unicredit, il nuovo direzione generale di San Paolo-Imi

La notizie, trapelata ieri negli ambienti finanziari, non è stata confermata in quanto Modiano non avrebbe ancora ufficialmente rassegnato le dimissioni dalla banca di Piazza Cordusio. Tuttavia il suo incarico dovrebbe essere discusso nel consiglio di amministrazione che si riunirà domani.
Modiano, in Unicredit dal gennaio 2003, ricopre il ruolo di vicedirettore generale del gruppo dal maggio 2004. In Unicredit ha lavorato a stretto contatto con l'ad Alessandro Profumo. Da mesi, come si fa notare in ambienti finanziari, il gruppo San Paolo-Imi era alla ricerca di una figura forte nel delicato ruolo di direttore generale. In precedenza, erano circolate voci dell'offerta fatta ad Alberto Nagel, uno dei due direttori generali di Mediobanca.
Se dunque Modiano accetterà l’offerta, per Unicredit si concretizzerà la seconda uscita di rilievo dopo quella di Luca Maiocchi, trasferitosi in Seat.
Ma a Torino Modiano non troverà una situazione facile. L’istituto presieduto da Enrico Salza ha in piedi alcune situazioni complesse, a partire dalla riorganizzazione con la controllata Fideuram. La banca, leader in Italia nella gestione e vendita di fondi comuni di investimento, gestisce qualcosa come 58 miliardi di euro e si avvale di circa 4.500 promotori finanziari appartenenti alle due reti di Fideuram e di San Paolo Invest. Con 750 mila clienti dichiarati, la società è entrata in rotta di collisione con il San Paolo, che punta a "razionalizzare" il processo di vendita. Ma i promotori non ci stanno a farsi assorbire nella banca capogruppo. E su questo terreno si sono compromessi i rapporti che hanno portato alle recenti dimissioni di due ad in un solo mese, a partire da Ugo Ruffolo, approdato in Generali per potenziare la vendita dei prodotti finanziari.
Ma quello di Fideuram non è il solo nodo da sciogliere per il gruppo nato nel 1998 dalla fusione di Imi e San Paolo. Con una forte specializzazione nei servizi finanziari rivolti alla clientela retail, una posizione di leadership nell'ambito del risparmio gestito, un ruolo di assoluto rilievo nell'attività di Corporate Banking e di Investment Banking, dopo la fusione con il gruppo Cardine, nel 2002, Sanpaolo Imi è tra i protagonisti di alcune operazioni molto delicate, a partire dal maxi finanziamento al gruppo Fiat che in caso di mancato rimborso potrebbe convertirsi in azioni della casa automobilistica. (Da Il Tempo – 11 novembre 2004)

 

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Modiano al Sanpaolo a fine mese

Da il Sole 24 Ore: Oggi verrà reso noto l’addio di Pietro Modiano al gruppo Unicredit, con il cda di piazza Cordusio che affiderà ad interim le sue deleghe al numero uno Alessandro Profumo in attesa di trovare un degno sostituto, anche esterno al gruppo milanese. Modiano sbarcherà in casa Sanpaolo entro fine mese, divenendo il nuovo direttore generale. Lo stesso Profumo ha commentato l’uscita da Unicredit di Modiano con parole di elogio: “mi dispiace perché è un grande amico e diventeremo concorrenti”, inoltre Profumo ha smentito la presenza di dissapori tra i due. (Da SpyStocks.com)

 

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GLI AUMENTI NEGLI ULTIMI TRE ANNI SECONDO I CONSUMATORI

Caro-abitazione, anche il 54% in più

Roma. Casa mia quanto mi costi. Una battuta fin troppo facile da farsi, visto che - tra affitto o mutuo che sia, riscaldamento, condominio, luce, gas e bollette varie - le spese per la casa si sono trasformate negli ultimi anni in un vero e proprio salasso, arrivando anche oltre i 1.200 euro mensili. Con spese che, dall’arrivo dell’euro, sono aumentate tra il 40% e il 54%. A fare i conti è Intesaconsumatori, la federazione formata da quattro sigle storiche del movimento consumatori italiano: Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori. Secondo la stessa federazione, le spese per una casa in affitto sono aumentate, come appena detto, negli ultimi tre anni di oltre il 40%. Se la passa meglio chi possiede una casa di proprietà o ha acceso un mutuo per comprarla. In questo caso, con un mutuo a tasso fisso e con un’Ici invariata, l’aumento complessivo dal 2001 ad oggi è più contenuto, pari cioè a circa il 6%. A pesare in maniera crescente sulle tasche degli italiani - come rilevano le quattro associazioni di Intesaconsumatori - è proprio l’affitto: per un appartamento di circa 90 metri quadri in una zona non centrale di una città di medie dimensioni il costo medio si aggirava nel 2001 sui 610 euro, nel 2004 si è arrivati a 940 euro, con un aggravio - come si diceva all’inizio - di oltre il 54%. Ma l’aumento non è da meno neanche per i costi di condominio, passati da 43 a 60 euro al mese (+39,5%), e per quelli del riscaldamento, passati da 72 a 90 euro mensili (+25%). Incrementi meno significativi ma comunque non indifferenti hanno riguardato i servizi: le bollette della luce - calcolano i consumatori - sono aumentate del 7,1%, quelle del gas del 5,6%, dell’acqua del 12,5%. Vera impennata per la nettezza urbana, passata da 15 a 19 euro mensili, con un incremento in tre anni del 26,6%. L’unica eccezione è rappresentata dalle bollette del telefono: ormai tradizionalmente in controtendenza rispetto all’inflazione, i costi dei servizi sono diminuiti del 7,4%, passando da una spesa mensile di 27 euro a 25 euro. Il tutto - a proposito delle tariffe telefoniche - grazie alla concorrenza sempre maggiore tra operatori, che ha avuto quale conseguenza un ribasso. Concorrenza che non si è registrata in altri settori, dove i rincari sono stati costanti. «Quello della casa sta diventando un problema drammatico - afferma il presidente di Federconsumatori, Rosario Trefiletti - soprattutto per i ragazzi che vogliono andare a vivere da soli affittandosi un appartamento o per le giovani coppie che vogliono mettere su famiglia». (Da Il Mattino – 15 novembre 2004)

 

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La Borsa premia Modiano sulla poltrona Sanpaolo Imi

di GIUSEPPE TURANI
(…)La borsa ha salutato positivamente l'ingresso di Pietro Modiano in Sanpaolo Imi sia perché si è così risolta la situazione della direzione vacante, ma anche perché si sono poste le premesse per una riorganizzazione funzionale. Chi lo conosce bene non solo gli riconosce capacità e correttezza, ma anche una buona dose di senso della realtà. Il suo disegno futuro sarebbe infatti quello di scorporare l'attività corporate della banca, da quella retail, fondamentale per l'istituto e di affidare questa parte ad una persona di sua fiducia che sarebbe già nei suoi pensieri. (…) (Da Affari & Finanza – 15 novembre 2004)